Calendario dei Portatori 2012

Una "favola" d’amore
Maria Consolatrice, Cappuccini e Reggini


(conclusione)

E’ stata come una favola, quella raccontata in queste pagine che hanno scandito l’andare dei giorni. Non frutto di fantasia, ma di una carica esperienziale concreta e coinvolgente. Una favola che ti ha immerso in un oceano di pulsioni spirituali ed umane,le cui acque, non sempre serene e limpide, ti hanno permesso di ri-scoprire il fascino di un universo in cui il sole e la luna si sono interfacciati a meraviglia con l’affascinante complesso astrologico e planetario, mentre galassie bianchissime sembravano ricordarti che la vita signoreggia sul creato solo quando si offre in risposta d’amore interattivo, umile e creativo, con nel volto la bellezza dell’immagine e della somiglianza del Creatore e nel cuore l’energia seducente di una sinfonia emozionale i cui palpiti osannano il magnificat all’immensa bontà del Signore che, nello scorrere dei giorni e delle stagioni, ha operato, opera e continua ad operare meraviglie nella vita di chi, seguendo l’esempio di Maria, si offre costantemente in dono d’amore.

Scorrendo le pagine di questo calendario - ispirato da una brillante idea del Presidente dei Portatori della Vara, Gaetano Surace, e dallo stesso impreziosito con un ricco corredo fotografico-documentale;"pennellato" da un eccellente ricercatore e "buongustaio" delle "cose antiche e sempre nuove", Luciano Maria Schepis; rivisitato dalla scientifica consulenza di Maria Pia Mazzitelli; e presentato con l’ottimo contributo di Enzo Zolea, selezionandosi come il primo in assoluto nell’impostazione grafica e documentale, sia a livello storico e letterario che figurativo e fotografico - hai calcato orme di santità e di fragilità, di luce e di buio, di amore di odio, di violenza e di solidarietà, di malattie e di guarigioni, di spietato egoismo e di edificante altruismo, di distruzione e di ricostruzione, di fame e di provvidenza, di soppressione e di risurrezione, di illuminante ingegno e di tenebrosa ignoranza. Un avvincente scenico che vede protagoniste tre presenze, strette da un patto relazionale inscindibile, che ha fatto dell’Eremo di Reggio Calabria il faro della Provincia monastica cappuccina, della Calabria e della vicina Sicilia: la Vergine Maria Madre della Consolazione, i frati cappuccini e i reggini. Dire Eremo, significa dire Maria Madre della Consolazione. L’identificazione viene spontanea, naturale. Come spontaneo e naturale è l’amore devozionale dei figli di san Francesco d’Assisi verso questo luogo, che hanno scelto di accoglierlo come segno vocazionale e profetico della nuova riforma, modellandola sulla vita povera e umile del Bambino Gesù e della Madre Maria, i cui volti bizantineggianti erano stati impressi, da un artista tutt’ora sconosciuto, come del resto la destinazione ultima dell’opera, in un piccolo quadro, appeso alla parete della cappellina, connotata proprio con il titolo dell’opera, e cioè: Madonna della Consolazione.

E’ davanti a questa piccola icona che i frati cappuccini si struggevano notte e giorno, invocando misericordia e protezione per la nascente loro famiglia e per il popolo reggino, che ogni giorno si sentiva sempre più attratto dalla semplicità delle loro opere e dall’umile bontà delle loro parole, accogliendoli nelle loro case e ricambiando, poi, la visita all’Eremo, dove volentieri sostavano con loro in preghiera davanti a quella che, in breve, sarebbe diventata la "Madre" preferita.

L’Eremo dei cappuccini, fino ad allora meta discreta e privata soprattutto dei nobili proprietari, si è andato gradualmente imposto all’attenzione popolare - specie dopo la costruzione del primo santuario, di cui conserviamo la campana - come oasi di provvidenza spirituale e materiale. A conferire un imponente scatto di impulso devozionale è stata la benedizione del Quadro del Capriolo, arricchito dalle figure dei santi più taumaturghi al mondo Francesco d’Assisi e Antonio di Padova, con a seguire il solenne rito di accompagnamento all’Eremo per collocarlo nel nuovo Tempio di Dio, ingrandito, assieme al convento – grazie all’affabile promozione dell’Arcivescovo Centelles, alla generosità dei nobili e all’opera gratuita degli artisti e della gente comune – per meglio rispondere alle esigenze di accoglienza diaconale e ministeriale, rispettivamente, dei sempre più numerosi pellegrini e devoti, del crescendo stuolo di giovani che domandavano di intraprendere la vita religiosa e della processione di poveri che, quotidianamente, bussavano alla porta monastica. Il nuovo Quadro sprigionava come un fluido irresistibile, catturando gli occhi dei pellegrini che avidamente succhiavano il latte della tenerissima e dolcissima predilezione materna di Maria. Ogni convenire all’Eremo rendeva costantemente più solido e più confidenziale il legame con i frati, che non perdevano occasione di divulgare il culto e la devozione, specie sabatina, in onore della Vergine, che non ha tardato a ricambiare tanto amore con il mostrarsi in gloriosa visione ai suoi figli prediletti, i frati cappuccini, rivelandosi come autorevole Mediatrice presso il figlio Gesù, e, perciò, come Avvocata del popolo reggino e Madre di grazie e di consolazioni, e inviandoli al servizio dei bisognosi o come suoi messaggeri.

L’inizio di questa "speciale alleanza" ha ricevuto il sigillo dell’ufficialità in occasione del morbo della peste negli anni 1576-77, allorché la Vergine, apparendo in gloriosa visione prima a fra Giacomo Foti, comandandogli di recarsi, insieme a fra Girolamo di san Giorgio e fra Girolamo da Montesoro, a servire gli appestati nel vicino lazzaretto di san Salvatore; e, poi, a fra Antonino Tripodi, al quale, annunziando la liberazione della Città dalla peste, ha chiesto di andare dal Vicario Generale dell’Arcivescovo e dirgli che "facesse fare una solenne processione, e che assieme al Magistrato e al popolo reggino venissero a visitare questa mia chiesa e a ringraziarmi pel beneficio già ricevuto ed impetrato dal mio dolcissimo Figliuolo".

E’ nato così il trinomio: Madonna, Cappuccini e Reggini. Un trinomio che ha scritto, in numerosissimi eventi, specie in quelle di devastazione ambientale e umana, pagine di straordinaria gloria mariana, di edificante carisma cappuccino e di avvincente devozione reggina. Si faceva a gara per testimoniare alla Madonna della Consolazione l’amore ardente e docile, che solo il cuore che ama veramente sa manifestare. E’ stato proprio questo input amoroso che ha accomunato i cappuccini e i reggini nel portare in Città, afflitta dalla tragedia, dalla fame o dalla malattia, il venerato Quadro, perché Lei potesse visitare e confortare i suoi figli, provati da tanto dolore e indigenza. E quando il Quadro della Consolatrice era in Città, i frati ogni giorno andavano a venerarla, percorrendo le strade a piedi scalzi, con la corona di spine sulla testa, il cordone attorno al collo e l’abito cosparso di cenere. Un esempio, questo, subito emulato dagli altri Ordini religiosi e dai loro Terz’Ordini, dalle congregazioni religiose, dalle associazioni ecclesiali e laicali e dalle famiglie. Essi, a turno giornaliero, percorrevano alcune vie cittadine, in processione penitenziale, per poi portarsi nella Chiesa cattedrale, dove, ai piedi della Vergine, deponevano il loro cuore umile e contrito, domandando misericordia, grazie e consolazioni. E intanto i sacerdoti cappuccini, come del resto altri sacerdoti regolari e diocesani si mettevano a disposizione dei fedeli per le confessioni. Quindi si tornava a casa con nel cuore la gioia della carezza consolatrice di sì grandiosa Mamma.

Purtroppo il trinomio, Madonna-cappuccini-reggini, è stato più volte umiliato e lacerato da provvedimenti iniqui e avidi dell’avere, come, per esempio, quelli che hanno decretato la soppressione degli ordini religiosi, tra i quali, ovviamente, i cappuccini, col solo fine di incamerare i loro beni. Queste sono le pagine, secondo la mia opinabile visuale, più buie della storia reggina, perché le Autorità non solo non hanno fatto da scudo a questi nefasti provvedimenti, pretendendo che questo luogo eremitico, scelto da Maria, venisse risparmiato, come tanti luoghi sacri di altri centri abitati, assai meno importanti, ma non hanno tenuto conto neppure delle vibranti proteste dei reggini, anche di nobile casato, che vedevano "nei loro fraticelli" il segno della carità di Dio. Alcuni frati non hanno sopportato il dolore della deportazione dalla loro Porziuncola ed hanno contratto malattie mentali gravi; altri, non riuscendo a vivere lontani dalla loro Madre, girovagavano nelle vicinanze del complesso ecclesiale, sperando che da un giorno all’altro venisse loro restituito, e continuavano ad esercitare il ministero dei servi di carità, specie verso i malati e verso le persone più deboli e bisognose.

Due i periodi di questa disumana ingiustizia, perpetrata dalle relative soppressioni: il primo, dopo il terremoto del 1783, consentendo il ritorno nel 1801; il secondo, maturato con la legge eversiva del 7 luglio 1866, a seguito della proclamazione dell’unità d’Italia. Quest’ultimo è durato poco meno di mezzo secolo, nonostante i tentativi operati, presso le Autorità competenti, da don Filippo Vitrioli, dal Pro Sindaco della Città, comm. don Giuseppe Andiloro, e da mons. Emilio Cottafavi, delegato pontificio. Non ha sortito risultato diverso quello effettuato personalmente dall’allora Ministro Provinciale dei Cappuccini, accompagnato da un confratello. Non è stato assecondato neppure il desiderio del Papa Pio X, esplicitato dallo stesso delegato pontificio, riferendo che non avrebbe “sovvenzionato la ricostruzione del Santuario se non fosse ritornato in mano dei cappuccini".

Solo con l’avvento alla sede vescovile di mons. Camillo Rinaldo Rousset, carmelitano scalzo, i cappuccini hanno potuto "riabbracciare" la loro Mamma celeste, per la quale essi non hanno esitato a rischiare la vita, quando si è trattato di difendere la sua immagine dalle mani degli invasori turchi o quando li ha inviati a servire gli appestati, senza, altresì, dimenticare "qual vantaggio arrecarono essi nelle pubbliche calamità e come per le loro preghiere dinanzi alla celeste Consolatrice la città fu liberata da diversi flagelli e specialmente dalla peste e dai terremoti. E chi sa che la Vergine non ci avesse liberati dall’ultimo disastro del 1908, se i religiosi non ne fossero stati cacciati per l’infausta e malaugurata legge di soppressione!". Il felice ritorno era stato annunciato il 24 aprile 1911 con una memorabile Lettera pastorale del Commissario Generale dei cappuccini, padre Tommaso da Montenero, ove il Rousset viene definito "angelo consolatore" e "novello Centelles" per averlo convocato e aver, tramite lui, invitato "di nuovo i cappuccini, gli umili fraticelli della Vergine della Consolazione, a salire il sacro monte", "pieno di memorie e di ricordi", con l’impegno, tra l’altro, di celebrare "quelle funzioni che crederanno, rispettando però nella pienezza le funzioni che si celebravano prima del 28 Dicembre 1908, specialmente la funzione mattutina dei Sabati precedenti la Festa del Settembre nella quale non dovrà mancare un buon numero di Messe". Come pure si obbligavano ad assumere "tutti gli obblighi contratti dall’Arcivescovo verso l’Asilo di Mendicità, cioè assistere spiritualmente i Ricoverati, amministrare i sacramenti ai moribondi, confessare nel tempo pasquale, celebrare ogni giorno la S. Messa nella Cappella del Ricovero". Inoltre si era assunto il dovere di corrispondere alla preposta Commissione "la somma di £ 500 annue, qual loro quota per l’estinzione dei debiti che si sarebbero contratti per la costruzione del Santuario".

Era il 30 giugno 1911, verso mezzogiorno, quando padre Atanasio e fra Francesco, salirono al "loro nido eremitico", al grido gioioso dei "buoni reggini: finalmente!!!... i cappuccini ritornano alla Consolazione!...".

A cento anni da quel fatidico giorno, ci vengono alla mente tantissimi eventi di straordinaria testimonianza d’amore cittadino verso la Madonna della Consolazione e di venerazione verso noi cappuccini, qui nel suo eremo, ma anche momenti di cocente sofferenza, che, nella luce della fede, vogliamo cogliere come un fascio di rose e che vogliamo deporre, in questo centenario, ai suoi piedi, chiedendole di aiutarci a vivere al meglio la nostra vocazione religiosa, per la gloria di Dio, il bene della Chiesa e la salvezza delle anime.

L’auspicio è che il calendario dell’Associazione Portatori della Vara della Madonna della Consolazione -guidata dal Presidente Surace Gaetano e dal suo Consiglio Direttivo, a cui va il mio sincero segno di grata riconoscenza – possa infuocare il cuore dei reggini ad una rinnovata e intensa devozione verso la Patrona e Protettrice, restituendo al suo Eremo la bellezza del fascino, che le hanno conferito i nostri antichi padri, e ai frati cappuccini il singolare privilegio di essere, come diceva mons. Rousset, “gli umili fraticelli della Vergine della Consolazione”, nel rispetto del loro carisma e della custodia che la storia, fino a qualche secolo fa, gli aveva riconosciuto. Confidando "in un più lieto avvenire", rammentiamo "che la celeste Regina della Consolazione- scriveva padre Tommaso da Montenero - non a caso ed invano è assisa in trono con in braccio il divino Infante ed ai lati il Serafino di Assisi ed il Taumaturgo di Padova, quasi volesse indicarci tra i più soavi affetti che c’ispira, che come si renderebbe inesplicabile la vita cittadina e religiosa di Reggio senza la sua Madonna della Consolazione, così lo sarebbe senza i religiosi Cappuccini al Santuario. Il Santuario della Consolazione, la città Regina ed i Cappuccini formano un tutt’uno storico e divinamente bello, che Iddio congiunse insieme, e che non può essere separato da nessuno, senza andare contro l’ordinamento divino".

                                                                                                           Fra Giuseppe Sinopoli


Per gustare Calendario dei Portatori della Vara "Madonna della Consolazione"
dedicato ai Frati Cappuccini
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"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".