Senza compromessi (17 novembre 2015): Meditazione di Papa Francesco
 

 

                                        

                      

Cappella "Casa di S. Marta"

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.264, 18/11/2015)

Non lasciarsi indebolire dallo spirito del mondo e vivere coerentemente, senza cedimenti e compromessi, il proprio essere cristiani. È l’invito che Papa Francesco, meditando sulle letture del giorno, ha rivolto durante la messa celebrata martedì 17 novembre a Santa Marta. Seguendo la via attraverso la quale in questi giorni «la Chiesa ci prepara alla fine dell’anno liturgico», il Pontefice ha parlato di «come comportarsi nella persecuzione». E per farlo ha sviluppato il filo logico avviato il giorno prima, quando la sua riflessione si era soffermata sui tre concetti della «mondanità» dell’«apostasia» e della «persecuzione».

Lo spunto gli è stato offerto dal brano del secondo libro dei Maccabei (6, 18-31) nel quale il novantenne Eleàzaro — una sorta di “Policarpo”, di pater familias dell’Antico testamento — «non si lascia indebolire dallo spirito della mondanità» e «davanti alla prova non si arrende».

Cosa era accaduto? «Il pensiero unico dell’apostasia — ha spiegato il Papa — voleva che mangiasse la carne suina»; lui invece si rifiutò e la sputò. Allora «i suoi amici mondani, quelli che avevano ceduto allo spirito della mondanità, lo chiamarono e lo tirarono in disparte e cercarono di convincerlo», proponendogli una soluzione di comodo: «Facciamo una cosa, tu fatti una bella zuppa di carne che tu puoi mangiare e fai finta di mangiare la carne suina e così salvi la tua vita e non pecchi». Ma l’anziano scriba «si indignò». E «con quella dignità, con quella nobiltà che lui aveva da una vita coerente» andò al «martirio», dando testimonianza: «No, io alla mia età non darò questo esempio ai giovani».

È un chiaro esempio di «coerenza di vita» dalla quale ci allontana «la mondanità spirituale». Proprio su questo si è soffermato Francesco analizzando il comportamento di molti: «Tu fai finta di essere così, ma vivi in un’altra maniera». È la mondanità che si insinua nell’animo umano e mano a mano se ne impossessa: «è difficile conoscerla dall’inizio — ha fatto notare Francesco — perché è come il tarlo che lentamente distrugge, degrada la stoffa e poi quella stoffa diventa inutilizzabile». Così «l’uomo che si lascia portare avanti dalla mondanità perde l’identità cristiana», la rovina diventando «incapace di coerenza». Infatti, ha continuato il Papa, c’è chi dice: «Oh, io sono tanto cattolico, padre, io vado a messa tutte le domeniche, ma tanto cattolico»; poi, però, nella vita quotidiana o nel lavoro è incapace di coerenza. Così, ad esempio, cede alle lusinghe di chi gli propone: «Se tu mi compri questo, facciamo questa tangente e tu prendi la tangente».

«Questa — ha ribadito il Pontefice — non è coerenza di vita, questa è mondanità». Ed è proprio la mondanità che «porta alla doppia vita, quella che appare e quella che è vera, e ti allontana da Dio e distrugge la tua identità cristiana». Per questo «Gesù è tanto forte quando chiede al Padre: “Padre, io non ti chiedo che li tolga dal mondo ma che li salvi, che non abbiano lo spirito mondano”», cioè «quello spirito che distrugge l’identità cristiana».

Dalla Sacra scrittura, in particolare dalla vicenda dell’anziano Eleàzaro, viene un «esempio contro questo spirito di mondanità». Non a caso il Pontefice ha invitato i fedeli a riascoltare le sue parole coerenti: «Se molti giovani pensano che io a novant’anni sono passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, si perderanno per causa mia».

Eleàzaro, dunque, si preoccupa dell’esempio che potrebbe dare ai giovani se cedesse. È una scelta che il Papa ha così interpretato: «Lo spirito cristiano, l’identità cristiana, mai è egoista, sempre cerca di curare con la propria coerenza, curare, evitare lo scandalo, curare gli altri, dare un buon esempio».

Certo, ha aggiunto Francesco, qualcuno potrebbe obiettare: «Ma non è facile, padre, vivere in questo mondo, dove le tentazioni sono tante, e il trucco della doppia vita ci tenta tutti giorni, non è facile!». In realtà, ha spiegato il Pontefice, «per noi non solo non è facile, è impossibile. Soltanto Lui è capace di farlo». Perciò la liturgia del giorno invita a pregare con il salmo: «Il Signore mi sostiene».

È Dio, ha ribadito il Papa, «il sostegno nostro contro la mondanità che distrugge la nostra identità cristiana, che ci porta alla doppia vita». Solo lui può salvarci. E dunque «la nostra preghiera umile sarà: “Signore, sono peccatore, davvero, tutti lo siamo, ma ti chiedo il tuo sostegno, dammi il tuo sostegno, perché da una parte non faccia finta di essere cristiano e dall’altra parte viva come un pagano, come un mondano”».

Il Pontefice ha concluso l’omelia con un consiglio: «Se voi avete oggi un po’ di tempo, prendete la Bibbia, il secondo libro dei Maccabei, capitolo sesto, e leggete questa storia di Eleàzaro. Vi farà bene, vi darà coraggio per essere esempio a tutti e anche vi darà forza e sostegno per portare avanti l’identità cristiana, senza compromessi, senza doppia vita».

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