L’inaugurazione della prima statua in bronzo

Ci son voluti quasi due anni per disegnare, realizzare e porre in essere la prima statua in bronzo del ven. padre Gesualdo Malacrinò da Reggio Calabria, nell’apposita nicchia ricavata all’interno del piccolo portico della struttura conventuale, come una costante significativa presenza in atteggiamento di invito ad entrare nel tempio sacro.
Le difficoltà maggiori sono emerse dal momento in cui si è cercato di tracciare i lineamenti anatomici specie del volto, in più fedeli possibili, non essendo pervenuta a noi alcuna immagine, sia fotografica che disegnata. Le uniche raffigurazioni sono una incisione di Raff. d’Angelo, con didascalia “vera effigie”; e due pitture, di cui una a mezzo busto e una intera, che la tradizione cappuccina afferma essere la “vera immagine”, riprodotta quando le spoglie mortali del venerabile erano esposte alla venerazione del popolo, prima dei solenni funerali.
Non avendo certezze che le raffigurazioni di cui sopra e quelle degli altri dipinti, che si custodiscono nei conventi calabresi, fossero attendibili, si è cercato di ricostruire un’immagine, sui 55-60 anni, tenendo conto delle descrizioni della documentazione testimoniale antica e della produzione pittorica, senza però discostarci molto dall’immagine, diciamo così, “ufficiale” e quindi più popolare.
Tale ricostruzione è stata, come d’altronde era nelle previsioni, molto attenta in ogni particolare e, proprio per questo, assai difficoltosa, assorbendo un arco di tempo abbastanza lungo. Numerosi, infatti, sono stati i suggerimenti che la locale fraternità cappuccina e altri confratelli hanno suggerito, man mano le bozze dei disegni venivano sviluppati, adattati e proposti dall’artista prof. Giuseppe De Gregorio.
Definita la bozza finale, si è passato alla realizzazione del modello secondo i canoni classici, seguita attentamente e opportunamente sostenuta dalle indicazioni figurative ed espressive della committenza.
L’immagine doveva comunicare, con immediatezza, agli occhi del visitatore, il carisma dell’accoglienza, dell’ascolto e dell’intensissimo amore alla Parola di Dio di p. Gesualdo, il cui ministero dell’annuncio, simboleggiato dai piedi “in posa di incontro e di apertura ai fedeli” gli ha meritato l’appellativo di “Apostolo delle Calabrie”.
Terminato il processo esecutivo, secondo “le classiche tecniche del modellato in argilla per il busto e in scagliola alabastrina per l’impalcato e la sua base”, l’opera è stata portata nella fonderia di Bruno Latella, ubicata a Melito Porto Salvo, per la fusione in bronzo, eseguita con “grande professionalità secondo le metodiche dell’antica tecnica della cera persa”. Durante la replicazione della struttura artistica in cera sono state “apportate le ultime rifiniture e correzioni”, allo scopo di finalizzare al meglio l’opera e così essere pronta per la fusione in bronzo, completato, poi, con la patinatura lucida.
Il risultato ottenuto ha suscitato unanimi consensi di compiacimento, a dimostrazione che l’obiettivo è stato felicemente centrato.

La solenne cerimonia
E’ stata scelta la ricorrenza del 206° anniversario della sepoltura del p. Gesualdo (31 gennaio 1803-2009), per l’inaugurazione della sua statua.
Nel corso del mese era stata, intanto, allestita dalla ditta Gattuso Filippo la nicchia, progettata, secondo lo stile francescano, dal geom. Gelsomino, sotto la direzione e la consulenza del geom. Giuseppe Velletri.
Giorno 23 gennaio si è dato inizio al novenario di preghiera per la beatificazione dell’uomo di Dio, con l’animazione liturgico-vocazionale di p. Pietro Ammendola, responsabile provinciale del settore, culminante nel rito del Transito (28 gennaio), a cui è seguita la concelebrazione Eucaristica, presieduta dal Ministro Provinciale, p. Giovanni Battista Urso; i canti sono stati eseguiti dal Coro Polifonico “Madonna della Consolazione”, diretto dal maestro Miriello Luigi.
Giorno 31, alle ore 17.30, previi comunicato stampa, manifesti e inviti, sono convenuti nella Basilica dell’Eremo le Autorità civili e militari, i religiosi e una moltitudine di fedeli e devoti per la solenne concelebrazione Eucaristica, presieduta da Sua Ecc. Monsignor Vittorio Luigi Mondello, Arcivescovo Metropolita; il pellegrinaggio alla tomba del venerabile; e l’inaugurazione della statua.
Il tutto è stato reso ancor più suggestivo dall’esecuzione dei canti liturgici, con la riconosciuta ed edificante maestria, dal già citato Coro Polifonico “Madonna della Consolazione”.
Di questo eccezionale evento proponiamo i momenti più salienti: il saluto di p. Giuseppe Sinopoli, parroco e superiore; la toccante omelia dell’Arcivescovo; la preghiera presso la tomba; e il rito della benedizione della statua, nel piazzale antistante la Basilica.

Il saluto
“Eccellenza Rev.ma, Autorità, confratelli nel ministero sacerdotale e diaconale, sorelle e fratelli tutti: vi do il benvenuto nella Casa di Dio, dove abbiamo il privilegio di venerare la nostra Protettrice e Patrona “S. Maria Madre della Consolazione” e vi ringrazio, anche a nome del mio Ministro Provinciale, chiamato da doveri istituzionali improrogabili altrove, e della mia fraternità, per aver risposto con il dono della vostra persona al nostro invito.
Credo che oggi sia un piccolo frammento di storia che va ad arricchire il già sostanzioso e prezioso patrimonio della memoria storica reggina, in particolare, e di quella calabrese, in generale.
L’idea di una statua bronzea, ad altezza naturale, doveva formalizzarsi per la conclusione dell’Anno Gesualdiano, accordatoci dalla benevola paternità del nostro Padre e Pastore, Mons. Vittorio Mondello, e aperto con apposita sua bolla il 28 gennaio 2002. Idea che non è stato possibile realizzare per mancanza di fondi, privandoci della gioia di godere di un segno memoriale; segno che, grazie all’Amministrazione comunale, oggi possiamo vedere e tramandare nel tempo. E lo possiamo vedere e tramandare in un’umile ma dignitosa dimora che è stata possibile realizzare grazie all’interessamento dell’on. Nucera.
La statua, disegnata dal prof. Giuseppe De Gregorio, dopo gli opportuni suggerimenti della locale fraternità cappuccina, è stata tecnicamente eseguita con le metodiche dell’antica tecnica della cera persa nel laboratorio Aggeo di Melito Porto Salvo.
Essa raffigura padre Gesualdo con il volto affabile e sorridente, con la mano destra atteggiante accoglienza e con la sinistra che stringe al cuore il libro della Parola di Dio. Caratteristiche che richiamano l’essenzialità della sua espressione esistenziale: ascolto-accoglienza e testimonianza-carità. Il tutto contrassegnato e continuamente alimentato da una forte tensione spirituale, illuminata dalla santità e dall’amore di Dio (simboleggiati dai colori giallo e rosso), santità e amore che veicolava nei suoi impegni quotidiani, come frate, come sacerdote, come studioso e come docente. E’ qui, secondo il mio modesto parere, che va ricercato il segreto della sua rara qualità umana e religiosa, non riscontrabile in tutti.
Varrebbe la pena, pertanto, e forse sarebbe anche doveroso, specialmente per noi frati e per i reggini, suoi concittadini, come pure per la Calabria e per oltre i confini regionali, accedere con semplicità e umiltà ai suoi tesori e, soprattutto, accogliere il suo esempio, e ciò non solo per arricchire la propria vita, ma anche per rivalutare una figura che la storia ha forse troppo trascurato.
E’ questo, in fondo, il senso della statua, che si pone davanti ai nostri occhi come un invito ad accogliere e a stringere al cuore la Parola biblica, per rinascere a nuova vita ed essere, come padre Gesualdo, sale della terra e luce del mondo, lasciando fare a Dio, il quale non mancherà di operare anche nella nostra vita le sue meraviglie”.

L’omelia
“L’occasione dell’inaugurazione della statua di padre Gesualdo – ha esordito Sua Ecc. Mons. Mondello - ci permette di ritrovarci insieme in questa celebrazione Eucaristica e di elevare le nostre preghiere al Signore perché questo padre cappuccino, vissuto in questa nostra Città, conosciuto e amato dai reggini, possa presto ascendere agli onori degli altari, essere, cioè, riconosciuto dalla santa Chiesa come santo della comunità cristiana della Chiesa universale.
Tanto si è fatto nei tempi passati e si sta facendo – si è impegnato moltissimo in questo, lo so bene , il carissimo parroco padre Sinopoli – ma mi auguro che possa questo processo di canonizzazione procedere ancora più velocemente, perché finalmente noi reggini possiamo godere dell’esempio di questo nostro concittadino, non soltanto per il bene dell’Ordine dei Cappuccini, a cui lui appartiene, ma per il bene della nostra Città, per il bene della nostra Diocesi, per il bene della Chiesa intera. Perché i santi non appartengono ad una Chiesa particolare soltanto, ma appartengono alla Chiesa universale.
E noi crediamo veramente che questo nostro fratello abbia raggiunto le alte vette della santità. Certo non possiamo fare a meno del riconoscimento della Chiesa. E, quindi, fin quando la Chiesa non darà il suo responso, cioè non lo proclamerà santo, noi non potremo dichiararlo tale. Non è nostra competenza. Ecco perché noi preghiamo: perché veramente la Chiesa lo possa presto dichiarare santo.
Ma intanto noi possiamo guardare, evidentemente, alla sua vita, al suo esempio, ammirare questo esempio, trarre profitto per la nostra vita dal suo esempio, nella speranza che presto possa essere canonizzato.
E guardando alla sua vita, la prima cosa che risalta evidente è che questo umile frate, che sembrava così piccolo, così quasi insignificante, era un uomo molto dotto, un uomo che era diventato professore di teologia. Insegnava agli altri la scienza di Dio. Era laureato in teologia e insegnava nel nostro Seminario di Reggio Calabria, dove l’Arcivescovo l’ha voluto come professore. E proprio per questo, quando i padri Cappuccini furono mandati via dalla Diocesi, l’Arcivescovo ottenne che il padre Gesualdo rimanesse in Diocesi, proprio perché impegnato come professore nel Seminario della nostra Città. Tra parentesi ricordiamo che tale Seminario fu uno dei primi Seminari che furono istituiti subito dopo il Concilio di Trento. E’ il Concilio di Trento che ha istituito i Seminari. Prima del Concilio di Trento non esistevano. Il Concilio di Trento ha voluto che coloro che volevano diventare preti prima dovevano fare un tirocinio, un cammino in Seminario. E l’Arcivescovo, che aveva partecipato al Concilio di Trento, tornando in Diocesi, volle subito istituire il Seminario Diocesano. E fu, ripeto, tra i primi Seminari al mondo ad essere istituito. E in questo Seminario, poi, insegnò anche padre Gesualdo, la cui dottrina era veramente fondata sulla sua fede, sulla Parola di Dio. Ci diceva padre Sinopoli, all’inizio, che quel libro che porta in mano, nella statua che fra poco inaugureremo, indica il suo amore verso la Parola di Dio.
E’ un teologo. La scienza della teologia si differenzia da tutte le altre scienze umane proprio perché è quella scienza che dipende dalla ricerca di chi, avendo la fede, vuole approfondire questa Parola di Dio.
L’approfondimento di questa Parola, permette una conoscenza sempre più forte, che non si esaurirà mai, perché la Parola di Dio è una Parola che non si esaurisce, non è parola umana. E quindi è una Parola riflettendo sulla quale possiamo sempre meglio comprenderla, ma abbiamo sempre bisogno di riflettere su di essa. E’ il tempo della riflessione, il tempo di questa vita, della vita del mondo, fino alla fine dei tempi.
Giustamente i teologi dicono che la scienza della teologia è proprio fides quaerens intellectum: è la fede, di chi ha già detto di sì al Signore, che cerca, attraverso l’uso dell’intelligenza, dell’intelletto, di poter approfondire questa Paola. La teologia, quindi, non è soltanto frutto di intelligenza, ma è frutto di una volontà che, avendo aderito a Dio, poi, cerca, attraverso l’intelligenza, di approfondire la conoscenza della Parola di Dio, per poterla meglio mettere in pratica.
Ma fu anzitutto lui, prima di insegnare agli altri, a mettere in pratica la Parola di Dio. Ed è per questo, che dicevo all’inizio, un intellettuale, un uomo dotto tra i più dotti del suo tempo che pure sembrerebbe un uomo così umile, così piccolo, così insignificante, Perché lui non ha fatto della sua dottrina, della sua conoscenza della Parola un motivo di superbia, di prevalenza sugli altri, ma un motivo per riconoscere di essere piccolo, di essere umile, necessariamente, perché quella Parola lo invitava a questo; gli faceva comprendere la distanza che c’è tra Dio e l’uomo, gli faceva comprendere che soltanto sottomettendosi alla volontà del Signore poteva fare in modo che quella Parola portasse frutti in lui e potesse aiutare a portar frutto negli altri.
Nessuno a prima vista, leggendo un po’ la sua vita, penserebbe che quest’uomo umile era un grande teologo, un grande dotto. Questo dipende proprio dalla sua umiltà, che non aveva fatto della sua dottrina un motivo d’orgoglio, ma ne aveva fatto, invece, motivo di crescere nell’umiltà, ma anche nell’obbedienza. Lui ha sempre ritenuto di fare la volontà del Signore, obbedendo ai suoi superiori. Anche quando si trattò di un problema fondamentale. A quei tempi fu un problema importante per l’Ordine Cappuccino, quello della veste che dovevano portare: se doveva essere un abito rozzo, di sacco o doveva essere un abito di lana o di una materia più importante. E lui scrisse addirittura un libretto per difendere, nell’umiltà, la necessità di un abito umile, povero. Nell’obbedienza, però, dei superiori, accettò quello che i superiori stabilirono.
Ma è soprattutto la sua carità che emerge dalla sua vita. Non possiamo dimenticare quei tempi, evidentemente erano tempi disastrosi per Reggio. C’era stato precedentemente anche un terremoto, non quello del 1908, ma altri ce n’erano stati prima. E lui era con un fratello, che lo aiutava, in una baracca, dove aveva soltanto un tavolo ed una sedia. Eppure tutti quelli che si rivolgevano a lui erano da lui aiutati con tutto quello che aveva. Tanto che il fratello, che lo aiutava, doveva nascondere, molto spesso, un tozzo di pane, che doveva servire per il loro pranzo, perché se lo vedeva padre Gesualdo lo dava ai poveri, a coloro che gli chiedevano aiuto.
Ma la sua carità più profonda era quella di mettersi a servizio delle anime, delle persone che avevano bisogno del ministero suo presbiterale. E quante volte rischiò la vita nel passare a piedi il Calopinace, che allora, quand’era in piena, divideva la Città e lui andava spesso al di là del Calopinace, dove allora erano solo giardini, erano solo casupole di contadini, per andarli a trovare, per andarli ad aiutare, per andarli a confessare, amministrare i sacramenti, per aiutarli a vivere in pienezza la loro vita cristiana.
Noi siamo certi che quest’uomo eccezionale ha fatto, allora, un bene enorme ai cittadini di Reggio Calabria, alla Diocesi, e il suo esempio può ancora oggi rendere un servizio veramente meraviglioso per la crescita spirituale della nostra comunità cristiana.
Noi, questa sera,inaugurando questa sua statua, vogliamo veramente con tutto il cuore rivolgere le nostre preghiere al Signore e anche a lui, chiedendo che intervenga anche lui, perché la causa della sua beatificazione possa arrivare in porto al più presto possibile e dare alla nostra Diocesi, non solo quindi ai padri Cappuccini, uno slancio nuovo di ricerca di santità per un cammino di crescita nella santità per far sì che la nostra Diocesi, la nostra comunità possa essere realmente come la vuole il Cristo, come ci ricordava il Concilio Vaticano II, possa essere una comunità santa, perché come tale può sperare di rievangelizzare la società nella quale viviamo”.

La preghiera
Composta dallo stesso Arcivescovo in occasione dell’Anno Gesualdiano, è stata riproposta, recandoci in pellegrinaggio alla tomba del venerabile.

      
 
“A te, o Dio, tre volte Santo, fonte di ogni santità, salga il nostro inno di lode perché in Padre Gesualdo da Reggio hai donato al popolo cristiano un luminoso esempio di fede viva ed un instancabile operatore di riconciliazione e di pace.
Accresci in noi sincero anelito di coerente corrispondenza alla chiamata universale alla santità, incessantemente protesi verso la misura alta della vita cristiana ordinaria.
Se a te piace, Signore, degnati di esaltare in terra questo tuo umilissimo Servo da tutti acclamato testimone di evangelica sequela e di eroica carità.
A Te gloria nei secoli. Amen”.

       
La benedizione
Terminato il pellegrinaggio e deposti i paramenti liturgici, l’assemblea si è trasferita davanti alla nicchia e, appena giunto l’Arcivescovo con il cerimoniere don Luigi Cannizzo, il sindaco Giuseppe Scopelliti ha tagliato il nastro e ha tolto il velo, che copriva la statua, e mentre i presenti si scioglievano in un emozionante applauso.
Sua Ecc. l’Arcivescovo ha, quindi, proceduto alla benedizione della statua, con l’auspicio che, per la materna intercessione della Vergine della Consolazione e dello stesso venerabile si ottenga dalla bontà misericordiosa del Padre, che è nei cieli, il miracolo necessario affinché quest’illustre figlio della nostra Terra possa essere proclamato dalla Chiesa beato.

Ringraziamenti
Un doveroso ringraziamento ci sgorga spontaneo dal cuore a chi ha contribuito a rendere questo giorno un momento di rilevante portata storica e spirituale.
Un grazie colmo di riconoscenza e di gratitudine, infine, alla ditta “Floor Rose” di Andrea e Stefania Gigliotti per il generosissimo dono dei bellissimi fiori e a “L’Oasi del Fiore” di Maria Santangelo per l’artistico addobbo, sia all’interno della Basilica che all’esterno, presso la nicchia, dove è stata collocata la statua bronzea del venerabile p. Gesualdo.

A cura di P. Giuseppe Sinopoli
 
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".