7 settembre 2013: Mons. Vittorio Mondello dice il suo grazie al Signore e alla Chiesa di Dio che è in Reggio Calabria - Bova
 

Nella sontuosa Basilica Cattedrale reggina, gremita in ogni ordine di posto, con una solenne Concelebrazione Eucaristica mons. Vittorio Luigi Mondello si è congedato dalle autorità, dai sacerdoti, religiosi, aggregazioni laicali e da una moltitudine di fedeli, elevando l’inno di ringraziamento al Signore per i suoi 23 anni di illuminata e saggia guida pastorale. «Carissimi confratelli Vescovi, fratelli Presbiteri, Religiosi – Religiose, Diaconi e Laici, non era mia intenzione disturbarvi con l’invitarvi a questo incontro di commiato. Ma il desiderio di incontrarvi ancora e di comunicarvi il mio sincero grazie per questi 23 anni condivisi è, credetemi, una necessità del cuore. E non c’è un grazie più sincero di quello celebrato e vissuto attorno all’altare del Signore. L’Eucaristia, “rendimento di grazie”, è per noi cristiani, il pane quotidiano…il pane necessario.

Non siamo qui per celebrare la mia persona, il mio ministero, il mio Episcopato. Ma siamo qui in ossequio a quell’impegno che l’Apostolo Paolo ci ha suggerito nella Lettera ai Tessalonicesi: “In ogni cosa rendete grazie!”. E’ queste parole che mons. Mondello ha iniziato la sua commossa e, come sempre, ricca omelia, dopo aver ascoltato il saluto del Delegato Vescovile, mons. Iachino, e del Presidente dell’azione cattolica diocesana, Ornella Occhiuto.

Il saluto di mons. Iachino

Ecc.za  Rev.ma,

non è facile per me prendere la parola in questa circostanza. Avrei preferito vivere questa liturgia  in rendimento di grazie, in silenziosa preghiera con l’amato Padre Arcivescovo, con i confratelli sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, le aggregazioni laicali e i numerosi fedeli qui convenuti. Ma non possiamo non dire coralmente e forte il nostro GRAZIE anzitutto al Signore Gesù, il Pastore eterno, che ha voluto dare a questa Chiesa per ventitré anni il Vescovo Vittorio, sacramento della sua presenza in mezzo a noi, un pastore secondo il suo cuore, semplice, mite, saggio e paziente, capace di aspettare, rispettoso verso tutti, mai invadente ma sempre discreto e disponibile all’ascolto.

Ventitrè anni di episcopato  sono volati via in fretta, vissuti intensamente tra le tante premure pastorali, senza molto rumore ma nella chiarezza della verità, senza compromessi, nella fedeltà alla Parola annunciata con vigore profetico, ma soprattutto vissuta nella semplicità, nell’umiltà, nella discrezione, senza clamori o ricerca di notorietà, con la preoccupazione di dover piacere sempre e solo a Dio e di cercare anzitutto il bene delle anime. In questi anni abbiamo imparato dal nostro Vescovo a vivere una vita cristiana normale, senza fronzoli, senza finzioni, preoccupati di essere piuttosto che di apparire.

Non devo e non voglio fare il bilancio di un servizio episcopale, ma ritengo che oggi, alla conclusione di una grande esperienza di Chiesa, dobbiamo insieme ringraziare il Signore per il cammino che la nostra arcidiocesi ha fatto con il suo Vescovo e per le tante cose buone realizzate che non possiamo dimenticare per non perdere una grande ricchezza di magistero e di lavoro pastorale, che ha ritmato  il cammino della nostra diocesi e delle nostre parrocchie.

Nell’omelia della concelebrazione di inizio del Suo episcopato, in questa Basilica Cattedrale, il 29 settembre 1990,  Vostra Ecc.za ci ha detto con semplicità e paterno affetto: Il programma fondamentale della comunità cristiana è Cristo, è la radicale accettazione del suo vangelo , è la sua sequela. Non ha tralasciato occasione per ribadire costantemente questa verità della vita cristiana e, quindi, per annunciare Cristo Signore, unica speranza del mondo.

Al fine di realizzare questo impegnativo programma ha chiesto la collaborazione di tutti, rilanciando e valorizzando gli organismi di partecipazione pastorale, che hanno operato intensamente sotto la Sua presidenza, per la riorganizzazione degli uffici e dei servizi di Curia, per dare uno statuto a tutti gli Organismi diocesani, per redigere il nuovo Direttorio pastorale, ma soprattutto per offrire un contributo concreto, anche attraverso gli annuali Convegni ecclesiali, a quella  prioritaria attività di evangelizzazione, che è  compito di tutta Chiesa.

Perché si possa  realizzare la nuova evangelizzazione ha indicato tre condizioni essenziali: Una comunità santa, un presbiterio unito, un laicato maturo. A tal fine ha indetto e celebrato il Sinodo diocesano, splendida visione di Chiesa radunata con il suo Vescovo, che ha prodotto una straordinaria ricchezza di contenuti pastorali, che hanno ancora bisogno di essere elaborati e attuati.

Ma la pagina più bella del Suo servizio episcopale l’ha scritta con la riapertura del Seminario teologico, vera ricchezza della nostra Chiesa locale. Non finiremo mai di ringraziarLa per aver voluto, ad ogni costo, affrontando tante difficoltà e superando tanti ostacoli, offrire alla Diocesi un’opera così preziosa per la formazione  dei pastori della Chiesa e per la promozione vocazionale.

Ecc.mo e carissimo Padre Arcivescovo, tra tante amarezze una gioia certamente illumina la Sua vita: in questi 23 anni, ha ordinato 73 sacerdoti, tra questi 56 hanno studiato e si sono formati nel nostro Seminario, nel Seminario che Lei ha voluto riaprire, che è certamente il suo cuore.

Attualmente nella nostra diocesi operano 83 parroci; di essi 53 sono stati ordinati da Lei.

Infine voglio dirLe GRAZIE perchè è stato sempre presente nella vita ordinaria della nostra diocesi e delle nostre parrocchie, presente ma non invadente. Non ha mai fatto mancare la sua parola coraggiosa e libera, chiara e senza accomodamenti in ogni circostanza, facendo tutto il possibile per rispondere positivamente ad ogni invito.

Non ha mai fatto preferenze di persone a discapito di altre, ha ascoltato tutti, ha aiutato sempre, ha perdonato e dimenticato le incomprensioni e le amarezze, ha conservato nel cuore, con grande dignità, i momenti di dolore, confidando sempre nel Signore.

La Chiesa reggina-bovese, che ama i suoi vescovi, non La dimenticherà. Continuerà a volerLe bene e La ringrazia anche per averci fatto il dono di rimanere a Reggio. La paternità non va mai in pensione. Il Vescovo, anche se è emerito, resta sempre padre.

La Vergine Maria, Madre della Consolazione, Avvocata del popolo reggino, che ha accompagnato, sostenuto e benedetto il Suo servizio pastorale e che, con tenerezza materna, Le è stata sempre accanto, soprattutto nel dolore, continui a manifestarLe la sua protezione e la sua benevolenza.

Intercedano sempre per Lei e per questa nostra bella Chiesa reggina-bovese  i nostri  Santi  Patroni  San Paolo e San Leo, e la perla del nostro presbiterio San Gaetano Catanoso.

Grazie, Padre carissimo, e non ci faccia mai mancare la Sua preghiera e la Sua benedizione.



L’omelia di mons. Mondello

Carissimi confratelli Vescovi, fratelli Presbiteri, Religiosi – Religiose, Diaconi e Laici, non era mia intenzione disturbarvi con l’invitarvi a questo incontro di commiato. Ma il desiderio di incontrarvi ancora e di comunicarvi il mio sincero grazie per questi 23 anni condivisi è, credetemi, una necessità del cuore. E non c’è un grazie più sincero di quello celebrato e vissuto attorno all’altare del Signore. L’Eucaristia, “rendimento di grazie”, è per noi cristiani, il pane quotidiano…il pane necessario.

Non siamo qui per celebrare la mia persona, il mio ministero, il mio Episcopato. Ma siamo qui in ossequio a quell’impegno che l’Apostolo Paolo ci ha suggerito nella Lettera ai Tessalonicesi: “In ogni cosa rendete grazie!”.

Ringraziamo il Signore, innanzi tutto. Il tratto di strada che abbiamo percorso insieme, 23 anni di cammino che hanno segnato la nostra vita, la nostra fede, la nostra persona, sono stati voluti da lui e da lui guidati. Il Signore ha orientato i nostri cuori, ha colmato le nostre lacune. Grazie a lui siamo progrediti nella fede, abbiamo maturato scelte di vita importanti e, soprattutto, ci siamo sempre più riconosciuti comunità ecclesiale, Suo corpo vivo. Ogni compagine è stata necessaria ed importante perché la volontà di Dio trovasse attuazione nella vita di ciascuno di noi. Così il rendimento di grazie elevato al Signore prevede un caro ed affettuoso ricordo per voi, carissimi sacerdoti: la vostra collaborazione è stata per me un tesoro prezioso. Allo stesso modo ringrazio il Signore per voi, carissimi Diaconi, per la vostra dedizione al servizio; per tutti i Religiosi e le Religiose, la cui presenza è stata ed è una benedizione per la nostra Arcidiocesi. Ed infine come non ringraziare il Signore per tutti i fedeli laici, per la loro continua testimonianza di fede, vissuta nelle diverse realtà della vita sociale, che essi stessi - incarnando la loro fede- indirizzano verso il Regno dei Cieli.

Il cammino che abbiamo percorso insieme in questi 23 anni non è un cammino “separato”, né un percorso che si ferma. La Chiesa Reggina – Bovese è sempre stata una comunità in cammino, a partire dalla prima predicazione dell’Apostolo Paolo. Quando sono arrivato, nel 1990, ho raccolto l’eredità di Mons. Sorrentino, che lasciava una Diocesi in cammino. Quel cammino è continuato con me e sono certo che il nuovo Pastore inviato da Cristo, S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, ha tutte le doti ed i carismi necessari per far camminare più speditamente questo Popolo che gli viene affidato.

Guai a noi se dovessimo fermarci a fare paragoni tra il Vescovo che lascia e quello che arriva, quasi privilegiando ora l’uno, ora l’altro.

Dobbiamo invece ringraziare il Signore che ce li ha dati tutti e due e che quanto ha fatto bene o meno bene il primo, possa essere colmato e portato a compimento dall’altro.

La Chiesa è un corpo vivente e quindi se i suoi componenti non si rinnovano continuamente con la Grazia del Signore, essa muore.

Non ci si può fermare a Giovanni, Aurelio, Vittorio ma, pur apprezzandoli, bisogna andare avanti perché la Chiesa non può essere un museo Archeologico, ma è un corpo vivente animato dallo Spirito Santo.

Permettetemi ora di porgere un affettuoso augurio e un sincero ringraziamento a tutte le autorità civili, politiche e militari qui convenute o assenti per motivi istituzionali.

Confesso che in tutti voi ho trovato espressioni sincere di cortesia e di apprezzamento e grande disponibilità alla collaborazione per il bene della Comunità di tutta la Provincia Reggina e della Calabria intera.

Sono stato sempre profondamente convinto che le autorità debbano essere rispettate e seguite da tutti i cittadini, specialmente da coloro che si dicono cristiani.

Potranno esserci pareri diversi ma se si rispetta l’ambito di competenza allora il confronto è utile, anzi doveroso.

Spesso sono intervenuto, in questi 23 anni, al fine di stimolare i governanti ad impegnarsi di più nella ricerca del bene comune. Non mi sono mai permesso di proporre soluzioni politiche: non mi competono. I miei interventi hanno sempre rispettato coloro che legittimamente dirigono le sorti delle nostre Istituzioni e se ho trasmesso a qualcuno sensazioni contrarie ne chiedo scusa, assicurando che ciò non era nelle mie intenzioni.

Ho sempre cercato di suscitare in tutti coloro che ricoprono incarichi di responsabilità il desiderio della santità. Anche i politici, i magistrati, gli amministratori della cosa pubblica e gli operatori delle forze dell’ordine possono diventare santi, non è un miraggio. La via è indicata da Gesù proprio nel brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. Il Signore non ci impone di rinunciare ai nostri legami familiari ed affettivi ma di anteporre a tutto l’amore per Cristo, facendoci sempre carico delle nostre responsabilità.

Perciò a ciascuno di voi, cari uomini e donne delle istituzioni, chiedo di anteporre i bisogni del bene comune alle necessità individuali. Le cose fatte per voi finiranno con voi. Le cose fatte per tutti resteranno per sempre. L’orizzonte del vostro agire sia il futuro, il futuro che va tutelato e garantito ad ogni cittadino, in particolar modo ai giovani e ai più deboli.

Voglio augurare a tutti che i sacrifici che state affrontando possano portare frutti nei tempi brevi per il bene della società civile nella quale viviamo.

Posso rassicurare tutti che la Chiesa sarà sempre al vostro fianco nel collaborare alla ricerca di tali frutti e nell’inquadrare sempre l’orizzonte giusto per perseguire un futuro migliore, quello indicato da Cristo.

Tutti però, dobbiamo fare i conti con una realtà che vuole rubarci il futuro e che si accontenta di vivere sfruttando, anzi erodendo, il presente: la mafia.

Come un autentico tarlo la ‘ndrangheta tenta di inghiottire le nostre speranze impossessandosi di tutto ciò che è “possibilità”. Tanti tentativi di impresa, di ripresa falliscono perché “bloccati”, “smorzati” sul nascere. La mafia fa false promesse, è l’antiuomo che lascia le cose incompiute e spezza vite illudendo con le lusinghe del potere, del denaro e del successo salvo poi distruggere invece che realizzare. è l’antiumanità dove vige la regola secondo cui un uomo può essere migliore, più potente o più ricco soltanto a spese di un altro uomo. Se la mafia non viene estirpata il futuro diventa difficile perché continueranno sempre ad esserci dei nemici da eliminare. Il futuro della mafia è l’autoeliminazione reciproca, dunque la morte. Promoviamo insieme, invece, la cultura della vita! Davanti alla morte non può prevalere la rassegnazione!

La Chiesa deve dare l’esempio. Può riuscirci in modo efficace se riuscirà a sconfiggere i nemici che, dal di dentro, le impediscono di risplendere nel mondo della stessa luce di Cristo. Questo problema, che mi sta molto a cuore, è stato affrontato dal Papa Emerito, Benedetto XVI, l’11 maggio 2010 in un’intervista concessa sull’aereo in volo verso il Portogallo, ove si recava in Viaggio Apostolico.

Ad un giornalista che gli chiese: “quali sono nell’oggi le novità del messaggio di Fatima? è possibile inquadrare in quelle visioni le sofferenze della Chiesa di oggi?”, Papa Benedetto rispose: “Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e quindi la Chiesa ha profondo bisogno di re-imparare la penitenza e accettare la purificazione. In una parola dobbiamo re-imparare questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza”.

Il 29 giugno successivo, nella Basilica Vaticana, imponendo il Pallio a 38 Arcivescovi, aggiunse: “Per la Chiesa c’è un pericolo più grave delle persecuzioni…il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e la sua capacità di profezia, appannando la bellezza del suo volto”.

Questo secondo me è il problema attuale della Chiesa che non potrà rispondere alla sua missione evangelizzatrice se non sarà una comunità unita che, pur riconoscendo i vari carismi e doni personali, saprà esercitarli al servizio della crescita della stessa comunità senza pensare a carrierismi, primogeniture, etc.

Sarà così pronta a collaborare al ristabilimento della pace, oggi così precaria, per la quale il Santo Padre Francesco ha voluto indire oggi una giornata di digiuno, alla quale aderiamo con tutto il nostro cuore.

Per questo auguro a questa amata Arcidiocesi di poter assumere uno stile di vita simile a quello di Papa Francesco al fine di essere ancora capace di annunciare Cristo agli uomini di oggi. Sarà questo il miglior servizio che essa potrà rendere a questa società.

                                                                                    + Mons. Vittorio Mondello
                                                                                     Amministratore Apostolico

 

 

 

"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".