Decreto sull’eroicità delle virtù (2 aprile 1982)

 


Sacra Congregazione per la Causa dei Santi

DECRETO
DIOCESI DI REGGIO CALABRIA

Beatificazione e Canonizzazione del Ven. Servo di Dio
P. GESUALDO DA REGGIO CALABRIA


“Zelus domus tuae comedit me”
(Jo 2, 17).
 

Queste parole di nostro Signore si possono applicare in tutta verità al Servo di Dio Gesualdo da Reggio, che durante la sua lunga vita di apostolato in tutti i modi e con ogni mezzo ha sempre zelato la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Nascita, infanzia, vocazione, insegnante e scrittore
Il Servo di Dio nacque a Nasiti (Reggio Calabria) il 18 ottobre 1725, da Francesco Melacrinò e da Saverio Melissari di discreta condizione sociale. Fu battezzato due giorni dopo con il nome di Giuseppe. A 15 anni, dopo una fanciullezza singolarmente serena ed educato all’innocenza e alla pietà nell’ambiente domestico, Giuseppe entrò nel noviziato dei Cappuccini di Fiumara di Muro, vestendone l’abito col nuovo nome di Gesualdo da Reggio il 5 novembre 1740 e professandone i voti il 5 novembre 1741. Atteso poi agli studi umanistici e filosofici, acquistando tra l’altro una perfetta padronanza delle lingue classiche e moderne, come il latino e il greco, l’ebraico e l’aramaico, il francese e lo spagnolo. Per 11 anni insegnò ai chierici della sua provincia, scrivendo lui stesso, insieme a molti altri lavori apologetici e dottrinali, nuovi manuali di testo, atti ad affrontare i pericolosi movimenti filosofici e teologici del tempo: dall’illuminismo e razionalismo al giansenismo e febronianesimo e in testa a tutti per insidia e virulenza, la massoneria.

L’intento apostolico
Per la difesa della verità e della Chiesa furono più di cinquant’anni di lotta vigorosa e franca e tuttavia, quanto possibile, rispettosa delle persone, nell’intento apostolico di conquistarle più con l’amore che col ragionamento. Nello stesso tempo rispondeva ai comuni inviti dei Vescovi che lo chiamavano per predicazioni e missioni nelle loro diocesi.

Servizi fraterni e provinciali e grande formatore
Nominato per la fiducia dei suoi confratelli agli uffici di Guardiano, Visitatore, Definitore e Ministro Provinciale, diede il meglio del suo spirito serafico, ma anche della sua attività epistolare e dottrinale, per il rinnovamento della sua famiglia religiosa; e per un ventennio attese alla formazione dei “Conventi di ritiro”, da lui ideati e sostenuti, dove i frati, che lo volevano, potevano vivere in tutto il suo rigore la tradizione francescano-cappuccina.

Al servizio della Diocesi reggina e dei poveri
A causa degli avvenimenti politici, che sconvolsero la Calabria verso la fine del secolo XVIII, nel 1784 i religiosi furono soppressi ed espulsi dalla Calabria. P. Gesualdo avrebbe voluto ritirarsi nella provincia di Messina, fu invece trattenuto d’autorità dall’arcivescovo di Reggio perché necessario alla diocesi a causa dei disastri dei terribili terremoti del 1783-1784. Rimase dunque in città, ma prendendo alloggio in una baracca di legno di proprietà di suo fratello canonico Don Candiloro; e là visse per più di 10 anni in povertà assoluta, il genuino spirito francescano-cappuccino, nella fedeltà al suo abito religioso e facendo un gran bene con l’assistenza spirituale e materiale, soprattutto ai poveri, e ai malati nelle loro case o all’ospedale e nelle carceri, ed anche, ogni sera e fino a notte inoltrata, nella sua stessa baracca. Nel frattempo insegnava ai chierici del seminario arcivescovile.

La rinunzia alla nomina di Vescovo di Martorano
Frattanto, nel 1792, P. Gesualdo era stato preconizzato vescovo di Martirano, da Pio VI e dal re Ferdinando IV, ma egli vi rinunziò con tenace umiltà. Il ripristino della provincia cappuccina di Reggio nel 1800 consentì il ritorno del Servo di Dio nella comunità presso il Convento del Santuario della Madonna della Consolazione. Nel 1801 si piegò soltanto all’obbedienza nell’accettare la carica di Ministro Provinciale, alla quale era stato designato all’unanimità dai suoi confratelli.

La sua grande fede e lo zelo apostolico
P. Gesualdo, non tralasciò per questo il sacro ministero, anzi si servì della sua scienza anche per renderlo più proficuo; fu sempre, e in tutte le più svariate occasioni, anche eccezionali, uomo di Dio e della Chiesa, pio, umile, religioso integro e puro, francescano autentico ovunque e con tutti, in ogni occasione.

La sua grande fede si riconosceva nel visibile fervore delle sue lunghe meditazioni e preghiere, nella celebrazione edificantissima della S. Messa, nella sua predicazione, difendendo indefessamente l’ortodossia della fede. A tutto questo si aggiungeva un amore ardente al Signore: il suo abbandono totale alla volontà di Dio, il compimento esatto di tutti i suoi doveri, la dedizione assoluta al ministero della predicazione e confessione per ricondurre anime all’amore di Dio, le aspre penitenze in riparazione alle offese fatte al Signore, dimostravano che Dio era in cima a tutti i suoi pensieri. Di qui l’amore eroico verso il prossimo: egli fu un autentico servitore di tutti a tutte le ore, in tutti i bisogni. Predicava con assiduità, confessava fino a notte avanzata, visitava gli ammalati nelle case private e nell’ospedale, i carcerati. Tutto quello che riceveva lo dava ai poveri, per i quali con la bisaccia sulle spalle girava per le case a raccogliere elemosine. Diede grandi prove di fortezza nel suo ministero, non solo sopportando disagi e privazioni di ogni genere, ma affrontando anche l’inimicizia e le minacce dei Massoni, che allora in Calabria come altrove non facevano nulla per mascherare il loro anticlericalismo. Era di una temperanza straordinaria: mangiava cibo scarso e vile una sola volta al giorno, dormiva per terra e si flagellava fino a sangue. Nell’osservanza dei voti, specie della altissima povertà, non solo fu eccelso modello, ma la zelò moltissimo con i confratelli.

La morte
Carico di meriti, colpito da grave malattia, morì santamente il 28 gennaio 1803, in età di 78 anni, di cui 63 vissuti in religione.

L’iter del processo di beatificazione
Crescendo sempre più la sua fama di santità, negli anni 1855-1867 nella Curia di Reggio Calabria furono istruiti i processi ordinari informativi e aperti a Roma il 4 giugno dello stesso anno. Pio IX, il 27 aprile 1871, segnò la Commissione dell’Introduzione della causa. I Processi apostolici sulle virtù furono costruiti negli 1883-1897; il decreto «Super scriptis» fu dato il 27 maggio 1886; il decreto sulla validità dei processi fu emanato il 12 febbraio 1903. Il 14 aprile 1981 si è avuto il Congresso peculiare durante il quale si è discusso sull’eroicità delle virtù. Infine il 12 gennaio di quest’anno nel Palazzo Apostolico Vaticano si è avuta la Congregazione Plenaria, nella quale agli Em.mi Padri Cardinali, essendo Relatore il Card. Luigi Ciappi O.P., è stato proposto il dubbio se il Servo di Dio abbia esercitato in modo eroico le virtù teologali, cardinali e annesse, al quale hanno risposto affermativamente.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, al quale il 26 febbraio 1982 il sottoscritto Cardinale sottopose quanto sopra, ha ratificato la sentenza degli Eminentissimi Cardinali e ha ordinato di preparare il Decreto sulle virtù in grado eroico del Servo di Dio.
Preparato il Decreto, presenti l’Em. Prefetto della Congregazione e il Card. Luigi Ciappi, relatore sulla Causa nonché il Segretario della S. Congregazione e tutti gli altri «de more convocandis», il Sommo Pontefice solennemente proclamò: Risultare che il Servo di Dio P. Gesualdo da Reggio Calabria O.F.M.Capp., ha esercitato in modo eroico le Virtù Teologali: fede, speranza e carità, sia verso Dio che verso il prossimo; quelle Cardinali della prudenza, della giustizia, della temperanza e della fortezza «earumque adnexis».

Inoltre ha disposto che il presente decreto venisse promulgato negli Atti della S. Congregazione per la Causa dei Santi.


Roma, 2 aprile 1982.

 

                                                                      Card. PIETRO PALAZZINI, Prefetto
                                                            Giuseppe Caloria, Arciv. tit. di Vescovio, Segretario

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"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".