09/05/2011
Pasqua del Signore: Messaggio dell’Arcivescovo (2011)
 

 
Svegliamoci, laici cattolici Reggini e Calabresi! 
  
“Chi ci toglierà via il masso dall’ingresso del sepolcro?” (Mc.16,3). Così dicevano le donne, l’una  all’altra, all’alba del primo giorno della settimana, recandosi al sepolcro, con i loro profumi e la loro pietà. Ma, giunte, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. E si trovarono dinanzi all’annuncio impensato: “Non è qui! E’ Risorto!”. (cfr.Mc.16,4-6).
Dopo due mila anni da quel giorno, quell’annuncio ci colpisce e ci commuove ancora, pur  avvertendo che la Chiesa non è riuscita ad incarnare in pieno nel tessuto della storia tutta la forza dirompente della “novità” del Risorto. Nonostante,  infatti, lo straordinario cammino realizzato lungo la storia dalla Chiesa, tanta altra strada resta da percorrere. 
Come se, in un certo senso, un altro “masso” debba ancora essere tolto, non dal sepolcro, ma dalla vita di ogni giorno: quello che impedisce all’uomo di vivere per intero la libertà che Cristo gli ha regalato.
E’ la libertà dello spirito, soprattutto, la libertà dal peccato: che diventa anche la libertà di vivere, in pienezza, la sua vita sulla terra, in cammino verso l’eterno. Ora, precisamente lungo questa frontiera - la vita sulla terra - sento il bisogno, fratelli carissimi, di rivolgervi un appello per operare affinché siano rese più libere e dignitose  le condizioni della vita
di tutti e soprattutto degli ultimi: in cammino verso l’eterno, ma con i problemi da affrontare ogni giorno nell’impatto col tempo.
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E faccio questo anche perché nei giorni scorsi i tre organismi di partecipazione della nostra Diocesi  - Consiglio Presbiterale, Consiglio Pastorale e Consulta Diocesana delle Aggregazioni Ecclesiali - hanno sentito il bisogno, da me sollecitati, di confrontarsi su quel che oggi richiede l’impegno dei cristiani in politica, attesa anche, e particolarmente, la situazione del nostro territorio.
Sollecitato anch’io, pertanto,  da quanto emerso da quel confronto, desidero offrirvi - in un contesto così singolare e solenne, qual è quello di un messaggio pasquale - qualche motivo di approfondimento, unitamente ad un mio pastorale appassionato appello.

Come non accennare, anzitutto,  alla situazione di  evidente crisi morale e politica che sta attraversando l’Italia intera e che trova, purtroppo, riscontri anche nella nostra Calabria e nella nostra Reggio? Come non ricordare a quanti si impegnano in politica - e si dichiarano cristiani - che il loro principale dovere é la promozione del bene comune?  E come possono essi promuovere il bene comune se non offrendo essi stessi l’esempio di una vita coerente con la fede professata?

Oggi, purtroppo - il fenomeno é evidente - i partiti e la classe politica attraversano una crisi, che 
potremmo definire epocale.
Essa, in qualche modo, fa parte della crisi globale che attraversa il tessuto di vita dell’umanità intera; ed affonda le radici, in ultima analisi, in quella “dittatura del relativismo” che permea il modo di pensare comune. Ma é più evidente, ed insieme deprimente, per il ruolo pubblico che i partiti e la classe politica hanno.
E’ urgente - inutile nasconderlo - la creazione di una classe politica nuova, auspicata sia dal Santo Padre sia, proprio qui a Reggio, lungo lo svolgersi della Settimana Sociale: una classe politica che nasca dalla libera scelta dei cittadini e si attesti esclusivamente sulla frontiera della promozione del bene comune.
Ecco perché, fratelli carissimi, ancora di più avvertiamo come sofferenza - qui in Calabria e a Reggio - l’emergere di situazioni amministrative pesanti, non trasparenti, difficili da sanare (e che potranno divenire ancora più drammatiche nella prospettiva di un federalismo fiscale non ben definito).
Situazioni che -  invece di essere affrontate, con umiltà, efficacia e trasparenza - registrano una fitta rete di silenzi, di rinvii, di litigi e contrapposizioni, che finiscono col seminare nel cittadino delusione e sfiducia.
Svegliamoci, laici cattolici reggini e calabresi! E’ tempo di prendere in mano le redini di un cambiamento di rotta.

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Mi permetto - in questo contesto - di indicarvi alcuni scenari dentro i quali é indispensabile una presenza profetica di quanti si ispirano ai valori del Vangelo.
Il  primo é lo scenario della situazione dei poveri sull’intero territorio calabrese e nella nostra diocesi in particolare: quei poveri che siamo chiamati a servire.  Ed il gesto di Cristo, che rievochiamo nel Giovedi Santo, il Cristo che si cinge il grembiule e lava i piedi ai discepoli, è - in questo contesto - l’icona più alta ed eloquente della necessità di spendere la propria vita nella fatica e nella gioia del servizio. Ora,  il primo servizio è il dovere della verità.
Per questo, credo che, quando si sente parlare di un tasso di povertà fisiologico dentro una società dei consumi e del benessere, si deve avere il coraggio di denunciare che questo modo di ragionare é - dal punto di vista evangelico ed anche dei rapporti sociali corretti - un’autentica bestemmia.  Come, del resto, é assurdo accettare, senza fiatare, certe scelte di politica nazionale che toccano ilcuore della politica locale.
Sono convinto che operare gravi tagli di risorse a discapito degli ultimi, spingere verso un welfare privato della carità, ridurre diritti acquisiti a benefici opzionali, ridimensionare se non chiudere servizi essenziali, che hanno fino ad oggi assicurato una dignitosa sopravvivenza a migliaia di anziani, minori, disabili, tossicodipendenti, poveri della strada, non può avvenire dentro un assordante silenzio. La denuncia é un evangelico dovere! E’ il primo servizio!

Il  secondo scenario é quello della mancanza di lavoro. Un problema del quale - oltre che nel Convegno del Settembre scorso - io stesso ho avvertito il bisogno di parlare nella mia ultima Lettera “Le frontiere dell’Eucaristia”.
Come si fa a dire che esiste la democrazia in una città dove non esiste il lavoro? Come può essere libero un giovane chiamato ad esprimere il suo voto, quando una reale "dittatura della mancanza di lavoro" lo rende facilmente ostaggio di una politica corrotta, o di logiche clientelari e familistiche, quando non di favoritismi decisamente mafiosi?
Ma, come può esistere il lavoro se la sua soluzione viene lasciata solo alla politica; se non esiste una cultura del lavoro, una prassi di lavoro che crei altro lavoro, dentro circuiti virtuosi che amplifichino la base produttiva? Quando, io mi domando, quando  i giovani stessi capiranno la differenza che c’è tra il "cercare un posto" e il "cercare un  lavoro"?
E come possono i laici cattolici tacere, o non spendere se stessi,  per un radicale cambiamento di questo scenario, che li veda protagonisti di una nuova stagione di cultura per una nuova stagione di lavoro?

Il terzo é quello delle nostre stesse comunità ecclesiali: sia delle parrocchie, sia delle associazioni, sia dei gruppi. Dentro una stagione così critica, non si può non compiere un esame di coscienza al proprio interno.
Quale conoscenza hanno i laici cristiani della dottrina sociale della Chiesa? Quale rapporto hanno con il territorio e la politica locale? Ne conoscono i problemi, le difficoltà?
Si sono, i laici cristiani,  resi promotori, come da me auspicato, della nascita nelle parrocchie delle “Sale della Comunità”, dove ci si possa incontrare per confronti aperti a tutti sui problemi reali della gente? Hanno consapevolezza della necessità di diventare essi stessi promotori di democrazia; e dell’importanza di essere presenti - in modi da studiare, ma inderogabili - anche nel momento delle scelte dei candidati alle elezioni?  Hanno i nostri laici precisa  coscienza della necessità del loro impegno in politica, come “atto supremo di carità”?
Ed ancora: quali rapporti tengono le nostre comunità ecclesiali, le associazioni e i gruppi con le pubbliche amministrazioni? Sono tali rapporti segnati dalla correttezza e dalla trasparenza? Si è convinti che è meglio rinunciare a mezzi e a strutture, piuttosto che ottenerli in maniera discutibile?

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Fratelli carissimi,
vi ho posto un insieme di domande, convinto che dietro ognuna di esse c’è l’emergenza di un problema.
E’ chiaro che non spetta alla Chiesa in quanto tale la soluzione dei problemi della politica, consapevoli della parola di Gesù: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Lc.20,25). Ma è anche chiaro che la Chiesa deve educare i laici a vivere per intero la loro vocazione, che include anche la loro efficace e incisiva presenza nel mondo della vita politica e sociale.
Che tutto questo avvenga nel contesto di un messaggio pasquale,  non é un limite, ma un punto di forza.   Ci dà, infatti, l’indicazione suprema su dove attingere la forza per agire: la si attinge nella perenne presenza di Cristo Risorto dentro la vita della Chiesa e del mondo. “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt.28,20).
E’ il Risorto che disse alle donne: "Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno" (Mt.20,10). E’ il Risorto che ci precede, in un perenne ‘altrove’, che dura quanto e più della nostra vita. E ci invita a gettare semi di speranza - nel cammino verso la vita eterna - dentro il tessuto della vita nel tempo.
E’ con questa certezza e questa speranza nel cuore che auguro a voi tutti, fratelli carissimi, di vivere una Santa Pasqua, liberi dal peccato e nella gioia di sentirvi, ed essere, figli di Colui che nel Cristo, morto e risorto, ci ha dato la misura suprema dell’amore.
Con il cuore di fratello e di padre saluto con affetto,  in osculo pacis, ogni comunità, ogni associazione, ogni gruppo, la città e la diocesi intera.

Reggio Calabria  17 Aprile 2011 - Domenica delle Palme o della Passione del Signore
                                                              Vostro
                                                                                          + Vittorio Luigi Mondello
                                                                                             Arcivescovo Metropolita
 
 
 
 
 
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".