Mordersi la lingua (4 settembre 2015): Meditazione di Papa Francesco
 

 

                                        

                      

Cappella "Casa di S. Marta"

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.201, 05/09/2015)

Sparlare degli altri è terrorismo, è come buttare una bomba per distruggere le persone e poi darsela a gambe e mettere in salvo se stessi. Il cristiano per essere santo deve invece portare sempre «pace e riconciliazione» e per non cedere alla tentazione della chiacchiera deve arrivare anche a mordersi la lingua: sentirà male, avvertirà il gonfiore ma almeno non avrà scatenato qualche piccola o grande guerra. Sono i consigli suggeriti da Papa Francesco, insieme a un esame di coscienza, nella messa celebrata venerdì 4 settembre nella cappella della Casa Santa Marta.

Paolo, ha fatto subito notare il Papa, «nel brano della Lettera ai colossesi (1, 15-20) dà come la carta d’identità di Gesù». Insomma, domanda l’apostolo, «questo Cristo, che noi abbiamo visto che era fra noi, chi è?». E dà questa risposta: «Lui è il primo, è il primogenito di Dio, è il primogenito di tutta la creazione. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte le cose in Lui sussistono» e cioè «hanno consistenza».

Ai colossesi Paolo «presenta Gesù-Dio: Gesù è Dio, è più grande. Prima di tutto è il primo, è il Creatore. Primogenito di tutti perché sia Lui ad avere il primato su tutte le cose». E continua su questa linea tanto che, ha detto il Pontefice, «sembra un po’ esagerato, no?» quando «parla di chi è Gesù». Sì, «questo Gesù, il Padre lo ha inviato perché “per mezzo di Lui e in vista di Lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce”».

Rilanciando le affermazioni di Paolo per spiegare «qual è stata l’opera di Gesù», Francesco ha suggerito due parole chiave: riconciliare e pacificare. Gesù, ci dice Paolo, «ha riconciliato l’umanità con Dio dopo il peccato e ha pacificato, ha fatto la pace con Dio». E così «la pace è opera di Gesù, del suo sangue, del suo lavoro, di quell’abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di croce».

Dunque, ha proseguito Francesco, «Gesù ci ha pacificato e ci ha riconciliato». Tanto che «quando noi parliamo di pace o di riconciliazione — piccole paci, piccole riconciliazioni — dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione, quella che ha fatto Gesù». Con la consapevolezza che «senza di Lui non è possibile la pace; senza di Lui non è possibile la riconciliazione». E questo discorso vale ovviamente anche per «noi che tutti i giorni sentiamo notizie di guerre, di odio». Di più, «anche nelle famiglie si litiga». E così «il nostro compito è andare su quella strada» per essere «uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione».

A questo punto il Papa ha suggerito un vero e proprio esame di coscienza: «Ci farà bene domandarci: io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?». E ha aggiunto: «Quante volte abbiamo sentito dire di una persona che ha una lingua di serpente, perché fa sempre quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace». Ma questo, ha messo in guardia il Pontefice, «è un male, questa è una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l’odio, non seminare la pace». Francesco ha proseguito nella sua proposta di esame di coscienza con una domanda che, ha detto, sarebbe bene porsi tutti i giorni: «Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?». E a nulla vale provare a giustificarsi dicendo «ma alle volte si devono dire le cose perché quello e quella…». In realtà, ha rimarcato, «con questo atteggiamento tu cosa semini?».

Tornando, così, al passo paolino il Papa ha ripetuto che Gesù, «il Primo, è venuto da noi per pacificare, per riconciliare». Di conseguenza, «se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa!». Però, ha avvertito, «dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci: mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere». E sulle chiacchiere il Papa ha voluto soffermarsi chiedendo «cosa sono» veramente. Apparentemente, ha spiegato, sono «niente»: consistono nel «dire una parolina contro un altro o dire una storia» del tipo: «Questo ha fatto…». Ma in realtà non è così. «Fare chiacchiere è terrorismo — ha affermato Francesco — perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene!».

Riprendendo, di nuovo, il brano della Lettera di Paolo, il Pontefice ha ricordato che in Gesù sono «riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce». Dunque «il prezzo è alto» ha affermato. E così «ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro» il consiglio giusto è «mordersi la lingua!». E ha insistito: «Io vi assicuro che se voi fate questo esercizio di mordervi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere!».

Prima di continuare questo sacrificio — «questo è il sacrificio di riconciliazione, qui viene il Signore e noi facciamo lo stesso che nel Calvario» — Francesco ha così pregato: «Signore tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non m’importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri». E ha concluso invitando a ringraziare il Signore per averci riconciliato col Padre, perdonato i peccati, dandoci «la possibilità di avere pace nelle nostre anime».

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