Veglia Pasquale: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui" (2014)


La veglia pasquale, secondo le più antiche tradizioni religiose, è la più importante delle veglie. S. Agostino l’ha definita "la madre di tutte le veglie", anche perché essa "ci rappresenta quasi visivamente la memoria dell’evento".

In questa notte di Pasqua - sottolinea Umberto De Vanna - il Signore ’è passato’ per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schiavitù.

In questa notte Cristo ’è passato’ alla vita, vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte.

In questa notte si celebra il memoriale del nostro ’passaggio’ alla vita in Dio e nella chiesa attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucaristia.

Vegliare è un atteggiamento evangelico costante e caratterizza la vita di ogni cristiano, che attende la sua venuta definitiva, quando la Pasqua si compirà nelle nozze eterne con lo Sposo e nel convito della vita (cf Ap 19,7-9).

La liturgia è ’memoria’ - continua De Vanna - non coreografia, nè vuoto ricordo, ma presenza viva, nei segni sacramentali, dell’evento centrale della salvezza: la morte e la risurrezione del Signore Gesù.

Il fuoco, la luce, l’acqua, il pane e il vino assumono in questa santa vigilia delle tonalità quasi primordiali: ogni cosa riprende il suo pieno significato originario e l’uomo ritrova le sue radici.

Anche le parole risuonano in modo diverso e trovano il loro significato più pieno. Si rivelano i progetti di Dio, i suoi sogni sull’umanità, i passi compiuti per amore dell’uomo, che trovano nella risurrezione di Cristo il loro compimento.

Il cammino della storia si apre alla speranza di nuovi cieli e nuove terre, grazie alla morte del Figlio di Dio incarnato, risorto per la potenza del Padre".

Nel segno della luce vediamo il dileguarsi delle tenebre e nell’uomo risplende nuovamente l’immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26-27). 

Andare a cercare Cristo vuol dire muovere i passi verso Gesù che ci aiuta a rispondere alla sua chiamata ed a spalancare le nostre tombe per rivestirci della sua nuova luce e portare, fino ai confini del mondo, la gioia dell’annuncio della sua risurrezione, senza la paura dell’uomo, ma con il coraggio dei "risorti".

Riascoltiamo, come manna celeste, la parola di Papa Francesco, essenziale ma fortemente carismatica e assai efficace per la nostra vita umana e cristiana:


"Il Vangelo della risurrezione di Gesù Cristo incomincia con il cammino delle donne verso il sepolcro, all’alba del giorno dopo il sabato. Esse vanno alla tomba, per onorare il corpo del Signore, ma la trovano aperta e vuota. Un angelo potente dice loro: «Voi non abbiate paura!» (Mt 28,5), e ordina di andare a portare la notizia ai discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea» (v. 7).  Le donne corrono via subito, e lungo la strada Gesù stesso si fa loro incontro e dice: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (v. 10). “Non abbiate paura”, “non temete”: è una voce che incoraggia ad aprire il cuore per ricevere questo annuncio.

Dopo la morte del Maestro, i discepoli si erano dispersi; la loro fede si era infranta, tutto sembrava finito, crollate le certezze, spente le speranze. Ma ora, quell’annuncio delle donne, benché incredibile, giungeva come un raggio di luce nel buio. La notizia si sparge: Gesù è risorto, come aveva predetto… E anche quel comando di andare in Galilea; per due volte le donne l’avevano sentito, prima dall’angelo, poi da Gesù stesso: «Che vadano in Galilea, là mi vedranno». “Non temete” e “andate in Galilea”.

La Galilea è il luogo della prima chiamata, dove tutto era iniziato! Tornare là, tornare al luogo della prima chiamata. Sulla riva del lago Gesù era passato, mentre i pescatori stavano sistemando le reti. Li aveva chiamati, e loro avevano lasciato tutto e lo avevano seguito (cfr Mt 4,18-22).

Ritornare in Galilea vuol dire rileggere tutto a partire dalla croce e dalla vittoria; senza paura, “non temete”. Rileggere tutto – la predicazione, i miracoli, la nuova comunità, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento – rileggere tutto a partire dalla fine, che è un nuovo inizio, da questo supremo atto d’amore.

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. “Andare in Galilea” significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Nella vita del cristiano, dopo il Battesimo, c’è anche un’altra “Galilea”, una “Galilea” più esistenziale: l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo, che mi ha chiamato a seguirlo e a partecipare alla sua missione. In questo senso, tornare in Galilea significa custodire nel cuore la memoria viva di questa chiamata, quando Gesù è passato sulla mia strada, mi ha guardato con misericordia, mi ha chiesto di seguirlo; tornare in Galilea significa recuperare la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i miei, il momento in cui mi ha fatto sentire che mi amava.

Oggi, in questa notte, ognuno di noi può domandarsi: qual è la mia Galilea? Si tratta di fare memoria, andare indietro col ricordo. Dov’è la mia Galilea? La ricordo? L’ho dimenticata? Cercala e la troverai! Lì ti aspetta il Signore. Sono andato per strade e sentieri che me l’hanno fatta dimenticare. Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia. Non abbiate paura, non temete, tornate in Galilea!

Il Vangelo è chiaro: bisogna ritornare là, per vedere Gesù risorto, e diventare testimoni della sua risurrezione. Non è un ritorno indietro, non è una nostalgia. E’ ritornare al primo amore, per ricevere il fuoco che Gesù ha acceso nel mondo, e portarlo a tutti, sino ai confini della terra. Tornare in Galilea senza paura.

«Galilea delle genti» (Mt 4,15; Is 8,23): orizzonte del Risorto, orizzonte della Chiesa; desiderio intenso di incontro… Mettiamoci in cammino!".

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"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".