Adorazione Eucaristica

Una forma di preghiera fortemente raccomandata dalla chiesa


L’adorazione Eucaristica è una pratica orazionale vivamente raccomandata, lungo il corso dei secoli, dal Magistero della Chiesa.
Il Concilio Vaticano II ha focalizzato, in vari documenti magisteriali (qui ne citiamo solo alcuni), il valore e l’efficacia dell’Eucaristia nella vita della Chiesa e del cristiano. Essa, incorporando e assimilando a Cristo (LG 297, AG 1127.1211), diventa causa e segno dell’unità del popolo di Dio (SC 83, LG 313.318, UR 497) ed è vincolo di carità fra i sacerdoti (PO 1267) e i membri del corpo mistico (SC 83, LG 348.397). Essa è, ancora, fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione (PO 1253.1261) e mezzo di salvezza (OT 780, AG 1109, PO 1288); comunica e alimenta la carità ed è anima dell’apostolato (LG 369, AA 918, PO 1261). Inoltre, è fonte e apice della vita cristiana (LG 313); è pegno della gloria futura (GS 1438) e associa al culto della liturgia celeste (LG 423).
Paolo VI ha, in più occasioni, rivolto ai pastori una viva esortazione a promuovere il culto eucaristico. Nella Lettera enciclica Mysterium fidei, ha scritto testualmente: “Vi preghiamo dunque, venerabili fratelli, affinché questa fede, che non tende ad altro che a custodire una perfetta fedeltà alla parola di Cristo e degli apostoli, voi custodiate pura ed integra nel popolo affidato alla vostra cura e vigilanza, e promoviate, senza risparmiare parole e fatica, il culto eucaristico, a cui devono convergere finalmente tutte le altre forme di pietà” (MF 436).
Anche il servo di Dio, Giovanni Paolo II, ha incoraggiato ripetutamente e fortemente questa forma di preghiera, invitando tutti “a partecipare pienamente, consapevolmente, attivamente e fruttuosamente al sacrificio di Cristo secondo il desiderio del Concilio Vaticano II”.
“Così vissuta – puntualizza il Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristica - l’adorazione eucaristica sostiene i fedeli nel loro amore e servizio cristiano verso gli altri e promuove una maggiore santità personale e delle comunità cristiane. In questo senso il rifiorire dell’adorazione eucaristica, anche tra i giovani, appare oggi una promettente caratteristica di tante comunità”.
“Il trattenersi in preghiera – fa eco la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nel Direttorio su Pietà popolare e Liturgia - presso il Signore Gesù, vivo e vero nel Santo Sacramento, matura l’unione con lui: dispone alla fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia e prolunga gli atteggiamenti cultuali ed esistenziali da essa suscitati”.
E la stessa Congregazione ribadisce che “l’adorazione del santissimo Sacramento è una espressione particolarmente diffusa di culto all’Eucaristia, a cui la Chiesa vivamente esorta i Pastori e i fedeli.
La sua forma primigenia si può far risalire all’adorazione che, il Giovedì Santo, segue la celebrazione della Messa nella Cena del Signore e la reposizione delle sacre Specie. Essa è altamente espressiva del legame esistente tra la celebrazione del memoriale del sacrificio del Signore e la sua presenza permanente nelle Specie consacrate. La conservazione delle sacre Specie, motivata soprattutto dalla necessità di poter disporre di esse in ogni momento per amministrare il Viatico agli infermi, fece sorgere nei fedeli la lodevole consuetudine di raccogliersi davanti al tabernacolo per adorare Cristo presente nel Sacramento.
Infatti, “la fede nella presenza reale del Signore conduce naturalmente alla manifestazione esterna e pubblica di quella fede medesima. (...) La pietà, dunque, che spinge i fedeli a prostrarsi presso la santa Eucaristia, li attrae a partecipare più profondamente al mistero pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di colui che con la sua umanità infonde incessantemente la vita divina nelle membra del suo Corpo. Trattenendosi presso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a lui aprono il loro cuore per loro stessi e per tutti i loro cari e pregano per la pace e la salvezza del mondo. Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da quel mirabile scambio un aumento di fede, di speranza e di carità. Alimentano quindi così le giuste disposizioni per celebrare, con la devozione conveniente, il memoriale del Signore e ricevere frequentemente quel Pane che ci è dato dal Padre”.


Lasciarsi coinvolgere da Gesù nella sua “ora” e nella sua santità

Benedetto XVI, nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum caritatis, rinnova la raccomandazione, con premuroso zelo apostolico, a coltivare questo dono fino al totale coinvolgimento nell’”ora” e nella santità di Gesù. “Attraverso il Sacramento eucaristico – scrive il Papa - Gesù coinvolge i fedeli nella sua stessa ‘ora’; in tal modo Egli ci mostra il legame che ha voluto tra sé e noi, tra la sua persona e la Chiesa. L’Eucaristia è Cristo che si dona a noi, edificandoci continuamente come suo corpo. L’Eucaristia è all’origine di ogni forma di santità ed ognuno di noi è chiamato a pienezza di vita nello Spirito Santo. Quanti santi hanno reso autentica la propria vita grazie alla loro pietà eucaristica! Da sant’Ignazio d’Antiochia a sant’Agostino, da sant’Antonio Abate a san Benedetto, da san Francesco d’Assisi a san Tommaso d’Aquino, da santa Chiara d’Assisi a santa Caterina da Siena, da san Pasquale Baylon a san Pier Giuliano Eymard, da sant’Alfonso M. de’ Liquori al beato Charles de Foucauld, da san Giovanni Maria Vianney a santa Teresa di Lisieux, da san Pio da Pietrelcina alla beata Teresa di Calcutta, dal beato Piergiorgio Trassati al beato Ivan Mertz, per fare solo alcuni di tantissimi nomi, la santità ha sempre trovato il suo centro nel Sacramento dell’Eucaristia.
E’ perciò necessario che nella Chiesa questo santissimo Mistero sia veramente creduto, devotamente celebrato e intensamente vissuto.
La celebrazione e l’adorazione dell’Eucaristia permettono di accostarci all’amore di Dio e di aderirvi personalmente fino all’unione con l’amato Signore.
L’offerta della nostra vita, la comunione con tutta la comunità dei credenti e la solidarietà con ogni uomo sono aspetti imprescindibili del culto spirituale, santo e gradito a Dio (cfr. Rm 12,1), in cui tutta la nostra concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio. Invito pertanto tutti i pastori a porre la massima attenzione nella promozione di una spiritualità cristiana autenticamente eucaristica. I presbiteri, i diaconi e tutti coloro che svolgono un ministero eucaristico possa sempre trarre da questi stessi servizi, adempiuti con cura e costante preparazione, forza e stimolo per il proprio personale e comunitario cammino di santificazione. Esorto tutti i laici, le famiglie in particolare, a trovare continuamente nel Sacramento dell’amore di Cristo l’energia per trasformare la propria vita in un segno autentico della presenza del Signore risorto. Chiedo a tutti i consacrati e consacrate di mostrare con la propria esistenza eucaristica lo splendore e la bellezza di appartenere totalmente al Signore (nn.14-15. 94).
A queste parole illuminanti, ha fatto eco, recentemente, la Congregazione per il Clero, la quale, scrivendo agli Ordinari Diocesani, ha chiesto loro di “di farsi parte attiva e promuovere - nelle differenti porzioni del popolo di Dio loro affidate - , veri e propri cenacoli in cui chierici, religiosi e laici, si dedichino, uniti fra loro, e in spirito di vera comunione, alla preghiera, sotto forma di adorazione eucaristica continuata, anche in spirito di genuina e reale riparazione e purificazione” (8 dic. 2007).


Sull’esempio di Francesco d’Assisi: un’anima profondamente eucaristica
e zelatrice del culto eucaristico

La contemplazione orante del Santissimo Sacramento infiamma e trasforma la vita.
E’ l’Eucaristia, infatti, la sorgente e il culmine della santità. Basta scorrere le agiografie dei santi, come ha sapientemente evidenziato Benedetto XVI nella già citata conclusione della “Sacramentum caritatis”, per rilevare che ognuno di loro era un’anima profondamente “eucaristica” e, come tale, zelatrice del culto Eucaristico.
Fra questi è annoverato anche san Francesco d’Assisi, il quale non solo nutriva un amore forte e coinvolgente anche tutto quanto aveva attinenza con il Santissimo Sacramento, come la custodia delle Sacre Specie in luoghi decorosi, la pulizia delle chiese, degli altari e delle suppellettili sacre, ma ne zelava pure la fervente devozione nei confratelli e nei fedeli.
“Francesco - ci tramanda Tommaso da Celano nella Vita Seconda - ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti gli altri. Infatti, essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore.
Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perchè riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro” (FF 201).
San Bonaventura da Bagnoreggio, nella Leggenda maggiore, esprime le stesse sensazioni del Celano, descrivendo tale devozione con termini ‘caldissimi’, come ‘infiammato’, ‘ardentissimo’, ‘bruciava’, quasi a sottolinearne la forte caratura passionale: “Il servo di Dio era infiammato da un affetto ardentissimo verso Cristo.
Bruciava di fervore in tutte le sue viscere per il sacramento del Corpo del Signore ammirando stupefatto quella degnazione piena di carità e quella carità piena di degnazione.
Si comunicava spesso e con tale devozione da rendere devoti anche gli altri, e, gustando in ebbrezza di spirito la soavità dell’Agnello immacolato, il più delle volte veniva rapito in estasi” (FF 1163-4).


Il fervore eucaristico di padre Gesualdo Malacrinò

Un altro significativo esempio ce lo offre il cappuccino, nostro concittadino, padre Gesualdo Malacrinò, il cui ardente fervore eucaristico traspare da un’appassionata conferenza tenuta ad un corso di esercizi spirituali, di cui conserviamo il testo originale. Tale conferenza costituisce una salutare meditazione e, nel contempo, un forte incitamento a risvegliare in noi la centralità di questo incommensurabile dono-presenza, che Gesù ha voluto porre nel cuore della vita ecclesiale e cristiana.
Se volete riflettere ai trattamenti che a Cristo fecero gli Uomini, troverete cose incredibili. Quanto fu con essi loro benefico, tanto più si mostrarono ingrati. Egli per tre anni, e mezzo non fece altro che sanare gl’infermi, raddrizzare i storpi, illuminare i ciechi, risuscitare i morti: e questo fu il meno; perché grazie maggiori compartì alle anime, e s’affatico senza prender riposo, a ridurle a Dio, e salvarle.
Dovevano per questo gli Uomini a un Benefattore sì grande corrispondere colla dovuta gratitudine, e dichiararsi obbligati di mille vite. Ma non fecero così. Anzi se vi fu Uomo al mondo più perseguitato e avuto in odio, questo fù Gesù Cristo: fu trattato da impostore, da ubriaco, da ossesso; né paghi delle parole vengono ai fatti, e gli tramano fino la morte: e vanno in pazzia per cacciarlo presto d’avanti.
E già congregati in Sinedrio conchiudono con unanime consenso che senz’altro si facesse morire: e già hanno promesso dei danari a Giuda che glielo consegni nelle mani.
A sgarbi sì atroci che doveva fare il figlio di Dio?
Meno di tanto sarebbe bastato a far sdegnarsi ognuno di noi, e ritratte la mano dal beneficare coloro che sì barbaramente si comportassero da ingrati.
Ma Cristo non fa così. Quasi avesse ricevuto dagli Uomini le più care accoglienze egli nel punto stesso che gli si tramava da loro la morte, pensa di lavorar per loro un Cibo di vita; e quando gli Uomini se lo volevano cacciar d’avanti: egli non solo si contenta morire per salvare loro, ma non avendo cuore partirsi da loro, vi impiega la sua onnipotenza e fa che stia nel tempo stesso alla destra del suo divin Padre, e insieme cogli Uomini nella terra. Sicché nell’ultima cena quando stava per partirsi da questo mondo, e vedersi fra poche ore confitto in croce istituisce il santissimo sacramento in cui restando sino alla fine del mondo con noi arriva a farsi cibo nostro, ed entrare, e immedesimarsi con ognun di noi.
Vuoi qui riflettere se poteva egli fare di più a mostrarvi l’amore, che vi porta. L’amore quando è intenso non tollera star separato e diviso dall’amato oggetto.
Nostro Signore passa più oltre, e quasi fosse poco né gli bastasse star con noi, e vicino a noi nelle Chiese, e ne sacri tabernacoli, vuole più a noi avvicinarsi, e vuole entrare nel nostro cuore, anzi più perchè venendo sotto forma di cibo vuole in certo modo farsi una stessa cosa con noi, conforme in sostanza nostra convertesi il cibo che ci nutrisce.
Quanto dunque grande esser deve la nostra santità se siamo pasciuti di sì divine carni?
E che non vi pare voler Cristo colla sua venuta farci partecipi di tutto se stesso?
Non è oziosa, e inutile l’entrata ch’egli fa nelle anime nostre: e anzi feconda, e piena di grazie e di benedizioni. Il solo toccare le vestimenta di Cristo recava salute agli infermi.
E che sarà dunque toccare le sue divinissime carni, anzi riceverle per cibo, e quasi convertirle in nostra sostanza?
Conforme chi si ciba d’un fungo avvelenato contrae il veleno, così chi si ciba del frutto della vita contrarre deve vita e salute: Noi ci cibiamo delle carni di quel Dio che siede alla destra del suo divin Padre, di quelle carni sante, divine, ricolme di perfezioni, dunque dobbiamo partecipare le sue qualità e partirci da quella sacra mensa pieni di Dio, adorni di virtù, col cuore rivolto al cielo: tutti fervore, tutti umiltà, tutti amore di Dio, e del nostro prossimo.
E infatti a questo fine viene in noi in persona il Redentore, viene portando seco i tesori tutti di sua divinità a farcene un dono: viene a sanare le nostre piaghe, ad arricchire la nostra povertà, a illuminare le nostre tenebre, a incoraggiare la nostra fiacchezza, a condurci quasi per le mani nell’angusto sentiero che conduce al Cielo.
Però chi sa se tali effetti e tali frutti e vantaggi si vi portarono da voi nel comunicarvi?
Voi a quest’ora poteste, colle tante comunioni che faceste, essere un gran servo di Dio, un gran santo: e pure siete come prima colle stesse fiacchezze e difetti, né vi sentite più che tanto innamorato delle cose di Dio, e del Paradiso. Continuate a strisciarvi per terra, quasi non vi fosse mai pasciuto di questa celeste manna.
Che vuol dire tanta disgrazia? Non poteva dunque guarirvi colla sua efficacia, e virtù il figlio di Dio?
Piuttosto dovete rifondere in voi la colpa. Non ricavate il dovuto profitto da tante comunioni perché non vi siete comunicato a dovere. Avrete mancato nell’apparecchiarvi: avrete mancato poi nel rendimento di grazie. E’ questa la ragione dice l’Apostolo di tanta vostra fiacchezza, e delle cadute anche che facciamo talvolta ne’ peccati. Ideo inter vos multi infirmi, et imbecilles et dormiunt multi. E queste altresì son le ricchezze congregate in danno del suo Padrone: divities congregates in malum Domini sui, poiché avendo un capitale sì grande in mano, qual è lo stesso Redentore con tutti i suoi infiniti meriti, noi per trascuraggine perdiamo tutto, e convertiamo le comunioni in argomento di castigo, per la insoffribile irriverenza con cui ci accostiamo ai sacri Altari.
Che direte voi di quel Vassallo, che riceve in sua casa il Principe senza fargli le dovute accoglienze, anzi con il lasciarlo solo per conversare colla servitù. Non si merita di essere severamente punito? E quanto più noi? Viene il Re del Cielo, e noi non addobbiamo la stanza per riceverlo con i dovuti atti di carità, di fede, di speranza, d’umiltà. Non gli facciamo le dovute accoglienze, né ci degniamo trattare con lui, ma appena comunicati ci dissipiamo in mille impertinenze, e colle sacre Specie nell’anima, andiamo a conversare colle creature.
Ma non fate più così, se non volete convertire in veleno la medicina salubre a voi preparata. Ricevete con amore un pegno sì grande d’Amore che Dio vi dà. Date a lui il vostro cuore, come egli a voi dona il suo: e riportatene i gran vantaggi che viene Cristo a recarvi nella comunione
” (dagli Esercizi spirituali, manoscritto).


L’invito a condividere con noi la preghiera eucaristica

Stimolati da queste accorate esortazioni ed edificati da questi sapienti insegnamenti, la nostra comunità parrocchiale, desiderosa di rigenerarsi e di tendere alla santità, formalizza, anche per quest’anno, l’invito a condividere attivamente e costantemente la preghiera eucaristica personale quotidiana, mentre invita le famiglie, i gruppi ed ogni singola persona a ad accompagnarla, con grande trasporto, in questa forma di preghiera comunitaria, attingendo, a piene mani, a questa ricca sorgente di grazia eucaristica, che ha luogo ogni primo giovedì del mese e ogni mercoledì e venerdì, secondo il calendario indicato qui di seguito, salvo quelle specifiche ricorrenze liturgiche, nel corso dell’anno, in cui l’adorazione eucaristica comunitaria viene, come di consueto, programmata e vissuta quotidianamente.


Gennaio
Giorno 1: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 2: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 7: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 9: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 14: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 16: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 21: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 23: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 28: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 30: ore 15.00 (venerdì)

Febbraio
Giorno 4: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 5: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 6: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 11: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 13: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 18: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 20: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 25: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 27: ore 15.00 (venerdì)

Marzo
Giorno 4: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 5: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 6: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 11: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 13: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 18: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 20: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 25: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 27: ore 15.00 (venerdì)

Aprile
Giorno 1: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 2: ore 15.30 (1° giovedì)
Giorno 3: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 8: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 9: ore 19.00 (giovedì santo, tutta la notte)
Giorno 10: ore 07.00 (venerdì santo, tutto il giorno fino alla celebrazione
della Passione del Signore)
Giorno 15: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 17: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 22: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 24: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 29: ore 19.15 (mercoledì)

Maggio
Giorno 1: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 6: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 7: ore 15.30 (1° giovedì)
Giorno 8: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 13: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 15: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 20: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 22: ore 15.30 (venerdì)
Giorno 27: ore 19.15 (mercoledì)
Giorno 29: ore 15.30 (venerdì)

Giugno
Giorno 3: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 4: ore 16.00 (1° giovedì)
Giorno 5: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 10: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 12: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 17: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 19: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 23: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 26: ore 16.00 (venerdì)

Luglio
Giorno 1: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 2: ore 16.00 (1° giovedì)
Giorno 3: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 8: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 10: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 15: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 17: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 22: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 24: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 29: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 31: ore 16.00 (venerdì)

Agosto
Giorno 5: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 6: ore 16.00 (1° giovedì)
Giorno 7: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 12: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 14: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 19: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 21: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 26: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 28: ore 16.00 (venerdì)

Settembre
Giorno 2: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 3: ore 16.00 (1° giovedì)
Giorno 4: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 9: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 11: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 16: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 18: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 23: ore 20.00 (mercoledì)
Giorno 25: ore 16.00 (venerdì)
Giorno 30: ore 20.00 (mercoledì)

Ottobre
Giorno 1: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 2: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 7: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 9: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 14: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 16: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 21: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 23: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 28: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 30: ore 15.00 (venerdì)

Novembre
Giorno 4: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 5: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 6: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 11: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 13: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 18: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 20: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 25: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 27: ore 15.00 (venerdì)

Dicembre
Giorno 2: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 3: ore 15.00 (1° giovedì)
Giorno 4: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 9: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 11: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 16: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 18: ore 15.00 (venerdì)
Giorno 23: ore 18.15 (mercoledì)
Giorno 30: ore 15.00 (mercoledì)

(P. Giuseppe Sinopoli)
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".